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Rifiuto di eseguire un ordine del datore: quando è legittimo?

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10227/2023, ha chiarito che il rifiuto di eseguire un ordine datoriale è legittimo esclusivamente qualora la condotta del dipendente, piuttosto che rappresentare un pretesto per sottrarsi agli obblighi che scaturiscono dal contratto di lavoro, sia improntata a correttezza e buona fede. Più nello specifico, i giudici di legittimità hanno stabilito che “Nei contratti a prestazioni corrispettive, tra i quali rientra il contratto di lavoro, qualora una delle parti adduca, a giustificazione della propria inadempienza, l'inadempimento dell'altra, il giudice deve procedere alla valutazione comparativa dei comportamenti, considerando non tanto il mero elemento cronologico quanto i rapporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute rispetto alla funzione economico sociale del contratto, il tutto alla luce dei reciproci obblighi di correttezza e buona fede ex articoli 1175 e 1375 c.c., e ai sensi dello stesso cpv. dell'articolo 1460 c.c., affinché l'eccezione di inadempimento sia conforme a buona fede e non pretestuosamente strumentale all'intento di sottrarsi alle proprie obbligazioni contrattuali”. Altresì, gli Ermellini hanno richiamato consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “Il rifiuto del lavoratore di adempiere la prestazione secondo le modalità indicate dal datore di lavoro è idoneo, ove non improntato a buona fede, a far venir meno la fiducia nel futuro adempimento e a giustificare pertanto il recesso, in quanto l'inottemperanza ai provvedimenti datoriali, pur illegittimi, deve essere valutata, sotto il profilo sanzionatorio, alla luce del disposto dell'articolo 1460 c.c., comma 2, secondo il quale la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto non risulti contrario alla buona fede, avuto riguardo alle circostanze concrete”. Nella vicenda esaminata, i giudici di merito, nell'eseguire la valutazione comparativa del comportamento delle parti, alla luce dei reciproci obblighi e dei criteri di correttezza e buona fede, avevano messo in risalto il dato per cui l'ordine datoriale di anticipazione dell'orario di lavoro, dalle 5.00 alle 4.25, poggiava su una fonte contrattuale apparentemente valida ed efficace; inoltre, la richiesta di turno allargato, oltre a non avere profili di illiceità penalmente rilevanti, era stata rivolta a ciascun lavoratore al massimo in due occasioni, dunque senza pregiudizio per le loro esigenze vitali. In virtù di ciò, il Tribunale Supremo ha rigettato il ricorso proposto dai lavoratori.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


Super congedo parentale: la circolare Inps n. 45/2023

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La legge n. 197/2022 ha apportato alcune modifiche al trattamento economico spettante ai lavoratori del settore privato, i quali intendono fruire del cosiddetto super congedo parentale. La circolare dell’Inps n. 45 del 16 maggio 2023 contiene tutte le novità relative al super congedo e l’indicazione dei requisiti occorrenti. Così recita la predetta circolare dell’Inps: “Si dispone l’elevazione dell’indennità all’80% (invece del 30%) della retribuzione di un solo mese dei tre spettanti a ciascun genitore, non trasferibili all’altro, a condizione che la mensilità indennizzata all’80% della retribuzione sia fruita entro i 6 anni di vita (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento) del minore”. Inoltre, “Il mese indennizzato all’80% della retribuzione è uno solo per entrambi i genitori e può essere fruito in modalità ripartita tra gli stessi o da uno soltanto di essi”. La circolare precisa anche che “L’elevazione all’80% della retribuzione dell’indennità in trattazione si applica anche ai genitori adottivi o affidatari e interessa tutte le modalità di fruizione del congedo parentale: intero, frazionato a mesi, giorni o in modalità oraria”. Va precisato che può beneficiare dell’opportunità in questione il lavoratore dipendente del settore privato che abbia terminato il congedo successivamente alla data del 31 dicembre 2022. L'ente previdenziale sottolinea anche che il diritto ad un mese di super-congedo, ossia indennizzato all'80%, spetta anche qualora uno dei due genitori goda, nel 2023, di almeno un giorno di congedo di maternità o di congedo di paternità obbligatorio oppure di congedo di paternità alternativo. Dal momento che il mese di super-congedo può essere fruito soltanto dai dipendenti, nell’ipotesi di padre lavoratore dipendente e madre iscritta alla gestione separata, ai fini del diritto al super-congedo non rileva il termine finale del periodo indennizzabile di maternità della lavoratrice madre, bensì il termine finale del congedo di paternità. Per poter beneficiare del super congedo parentale occorre presentare apposita domanda per via telematica collegandosi al portale web dell’Inps mediante SPID. In alternativa, si può fare richiesta mediante il Contact center integrato chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori) oppure attraverso i servizi offerti dagli Istituti di patronato.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


Giusta causa di licenziamento: come si valuta?

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Con l’ordinanza n. 10124/2023, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione della giusta causa di licenziamento deve essere fatta prendendo in considerazione elementi concreti del fatto posto a base del recesso. Per gli Ermellini, “I concetti di giusta causa di licenziamento e di proporzionalità della sanzione disciplinare costituiscono clausole generali, vale a dire disposizioni di limitato contenuto, che richiedono di essere concretizzate dall'interprete tramite la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge”, purché la contestazione in tale sede contenga una specifica denuncia di incoerenza del giudizio rispetto agli “standards” esistenti nella realtà sociale e non si traduca in una richiesta di accertamento della concreta ricorrenza degli elementi fattuali che integrano il parametro normativo, accertamento che, invece, spetta ai giudici di merito. Inoltre, i giudici di piazza Cavour hanno specificato che nel licenziamento per giusta causa, l'accertamento dei fatti ed il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata sono demandati all'apprezzamento del giudice di merito, il quale anche nel caso in cui riscontri l'astratta corrispondenza dell'infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente, ha il compito di valutare la legittimità e la congruità della sanzione inflitta, considerando ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


Può essere licenziato il lavoratore che svolge altra attività durante la malattia?

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Con l’ordinanza n. 12994 del 12 maggio 2023, la Suprema Corte ha affermato che è passibile di licenziamento il dipendente che svolge altra attività lavorativa durante il periodo di malattia. Più nello specifico, i giudici di legittimità hanno sottolineato che lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente durante lo stato di malattia, configura violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà ed anche dei doveri generali di correttezza e buona fede, non solo nel caso in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, ma anche nell’ipotesi in cui la stessa, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio. Nella vicenda in esame, i giudici di secondo grado avevano rilevato in maniera corretta che il lavoratore, nel corso dello stato di malattia, aveva tenuto comportamenti incompatibili con il predetto stato, i quali avevano integrato una condotta incauta per inosservanza delle prescrizioni mediche di “riposo e cure”. In altre parole, il dipendente, ostacolando o comunque ritardando la guarigione, aveva violato i doveri di correttezza, diligenza e buona fede, condotta questa che integra una giusta causa di licenziamento. Pertanto, il Tribunale Supremo dichiarava inammissibile il ricorso del lavoratore e condannava quest’ultimo alla rifusione, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


Il decreto Flussi è legge

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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 104 del 5 maggio 2023 è stata pubblicata la Legge n. 50/2023, di conversione del decreto legge n. 20/2023 (cosiddetto decreto Flussi), recante «Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare». La predetta legge conferma l’introduzione di nuovi obblighi in capo al datore di lavoro fin dalla fase pre-assuntiva, già contemplata dal D. L. n. 20/2023. La richiesta di nulla osta al lavoro deve essere preceduta da una verifica, presso il Centro per l’Impiego competente, della disponibilità di lavoratori già presenti nel nostro Paese a ricoprire la stessa posizione per la quale si intende procedere a nuova assunzione. La verifica in questione deve avere ad oggetto la capacità patrimoniale, l’equilibrio economico-finanziario, il fatturato, il numero dei lavoratori e la tipologia di attività svolta dall’impresa. Altresì, è contemplata l'asseverazione di un professionista (consulente del lavoro, avvocato o commercialista) o delle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, per appurare i requisiti riguardanti l'osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro e la congruità del numero delle richieste presentate per l’assunzione di cittadini non comunitari residenti all’estero. L’asseverazione deve essere allegata alla richiesta di nulla osta all’assunzione del prestatore straniero. Possono essere autorizzati l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, di stranieri cittadini di Paesi con i quali l’Italia ha sottoscritto intese o accordi in materia di rimpatrio. Per gli anni 2023 e 2024 le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro presenti nel CNEL e le loro articolazioni territoriali o di categoria possono concordare, con gli organismi formativi o con gli operatori dei servizi per il lavoro, programmi di formazione professionale e civico-linguistica ai fini della selezione e della formazione di lavoratori direttamente nei Paesi d’origine; dopo aver terminato il corso di formazione, i lavoratori possono entrare in Italia con le procedure previste per gli ingressi per lavoro per casi particolari, e ciò entro tre mesi dal completamento dello stesso. Infine, il permesso di soggiorno per protezione speciale, quello per calamità e il permesso di soggiorno per cure mediche non possono essere convertiti in permessi di soggiorno per motivi di lavoro.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'